Intervista esclusiva al coach dell’Unieuro Forlì Sandro Dell’Agnello

A poco più di una settimana dal via della prossima Serie A2 ho avuto il piacere di incontrare il coach della Pallacanestro Forlì 2.015, Sandro Dell’Agnello. Con lui una gradevolissima chiacchierata, che per sua volontà ho condotto con il “tu”, su questa sua seconda esperienza in biancorosso. Livornese doc, schietto, diretto e persona davvero di una grandissima disponibilità.

Bentornato Coach, felice di ritrovarti sulla panchina di Forlì. A tal proposito ti chiedo un’impressione su questa tua seconda avventura in biancorosso.

“Devo dirti che sono molto motivato ed eccitato perché ho già avuto l’opportunità di lavorare qua e Forlì è una delle poche vere città di basket che ci sono oggi in Italia. Per uno che fa il mio lavoro avere la possibilità di lavorare in un ambiente così appassionato, in un posto dove sei così seguito, è un’enorme motivazione in più e quindi mi fa veramente molto piacere essere qua, dove la domenica ci sono sempre, come dicono gli ultimi anni, 3 o 4 mila persone all’Uniuero Arena a vederti. Durante la settimana siamo sempre sui giornali, la gente parla della squadra, per cui tutto questo è veramente molto motivante ed appagante”.

Sono passati sei anni dalla tua prima esperienza forlivese. Posso chiederti quali analogie e quali grandi differenze stai riscontrando oggi con allora?

“La grande differenza è facilissima: la società. Dico questo perché quando arrivai la prima volta purtroppo la società era una società allo sbando, ci furono problemi sin dall’inizio. Mi riferisco a problemi economici che non ci consentirono di percepire gli stipendi, quindi lasciamo perdere quell’esperienza che fu positivissima ma solo sul campo. Oggi la grande differenza è che c’è una società fatta di persone serie e che soprattutto hanno voglia di fare qualcosa che possa durare nel tempo e questo nel basket moderno non è così usuale, né scontato. Per quanto riguarda le analogie, onestamente non lo so, perché partendo da questo presupposto è poi difficile trovare delle analogie. Sicuramente la passione e il calore che c’è nel pubblico di Forlì e all’Unieuro Arena, questa sì, è una grande analogia”.

Parliamo un po’ di te. Che tipo di allenatore è Sandro Dell’Agnello?

“Io credo di esser diventato un compromesso, un buon compromesso spero, tra un allenatore molto esigente ed uno che sta attento alla psicologia del giocatore. Mi piace che tutti seguano uno stesso canovaccio, questo assolutamente, però poi ogni giocatore ha aspettative ed esigenze diverse e la parte affascinante del mio lavoro è riuscire a farli andare tutti nella stessa direzione. Questo credo e spero, almeno sino ad oggi, di esser riuscito quasi sempre ad ottenerlo perché è la cosa che mi piace di più del mio lavoro”.

Qual è l’allenatore che oggi ricordi con maggior affetto e quale quello con il quale sei cresciuto di più a livello cestistico?

“Nella mia epoca ho avuto la fortuna di essere allenato praticamente da tutti i più grandi allenatori perché ho avuto Bianchini, Gamba, Tanjevic, Marcelletti, Messina e sicuramente ne lascio qualcuno per strada. Diciamo che dal punto di vista dell’affetto sono legato a Tanjevic perché è quello che mi ha lanciato in Serie A e che mi ha convinto di essere un giocatore migliore di quello che in realtà ero in quel momento. Questa era la forza di Tanjevic ed è poi quello che cerco di fare io con i miei giocatori, i quali devono sentire nell’allenatore una specie di scudo e di spinta che hai sempre con te. In tutto questo Tanjevic era impagabile e quindi lo ricordo con grande affetto. Dal punto di vista della formazione tecnica sicuramente potrebbe essere stato Marcelletti perché in primis è molto bravo, soprattutto dal punto di vista tecnico-tattico e dei fondamentali e in secondo luogo è quello col quale sono stato più a lungo perché con Marcelletti sono stato 8-9 anni, che nel basket moderno sono un’eternità”.

Posso chiederti qual è il giocatore più forte con cui hai giocato e quale il più forte tra quelli che hai allenato?

“Il più forte realizzatore col quale ho giocato è stato indubbiamente Oscar Schmidt, mio compagno di squadra per tanti anni a Caserta, semplicemente immarcabile. Invece tra quelli che ho visto, e contro cui ho avuto la fortuna di giocarci da avversario, metterei davanti a tutti una triade di slavi fenomenali, che sono Bodiroga, Kukoc e Drazen Petrovic. Fenomenali, ma fenomenali con la F maiuscola. Per quanto riguarda quelli che ho allenato (breve pausa di riflessione), ho avuto la fortuna di averne tanti bravi e ne ricordo tantissimi con affetto e stima. In dieci anni da allenatore, dodici forse, ce n’è solo uno che mi ha lasciato un pessimo ricordo, ovviamente non dirò mai di chi si tratta, ma avendo allenato duecento giocatori, più o meno, posso ritenermi soddisfatto”.

Forlì è storicamente una piazza molto attaccata al basket. Per un allenatore è più uno stimolo o più una responsabilità lavorare a Forlì?

“Tutte e due le cose, ma tutte e due in chiave assolutamente positiva perché la responsabilità fa parte del mio lavoro e lo stimolo è enorme e riallacciandomi alla prima domanda, la spinta a far bene in una piazza dove c’è passione per quello che fai, è molto motivante e ti dà un senso di responsabilità. In pratica sono tutte sensazioni positive, niente di negativo”.

A differenza del passato il roster allestito quest’anno dalla Pallacanestro Forlì 2.015 è decisamente profondo e completo. A che punto è Forlì? È pronta per recitare un ruolo da protagonista in questa Serie A2?

“Noi vogliamo assolutamente recitare un ruolo da protagonisti. La società ci ha dato i mezzi per poterlo essere ma a che punto siamo lo vedremo. Vedendo il precampionato e la Supercoppa direi che stiamo andando abbastanza bene, stiamo vivendo come un’opportunità le piccole problematiche di infortuni che abbiamo in essere perché Ndoja non lo abbiamo praticamente mai avuto, Rush ha già saltato una partita ed ora salterà il Torneo di Caserta per un’infiammazione al ginocchio. Ma tutte queste situazioni, lo ripeto, le viviamo come un’opportunità, come un’occasione per far crescere quelli che ci sono. Pertanto viviamo queste difficoltà serenamente e le prendiamo come spunto per crescere”.

Non dimentichiamoci che all’Unieuro manca ancora Tommaso Oxilia. Come procede il suo recupero e quando è ipotizzabile riaverlo a disposizione?

“Credo che il suo recupero stia procedendo bene perché lo vedo lavorare duro e con impegno anche se ovviamente non lo seguo personalmente da vicino. C’è un equipe di persone apposite che lo seguono, sta migliorando giorno dopo giorno, ma non abbiamo una data precisa, o per lo meno io non ho una data precisa per il suo rientro, anche se è presumibile che ci vorrà ancora un pochino di tempo. Intendo dire che non lo rivedremo certo tra una settimana”.

In questa fase della preparazione il giocatore che forse più di tutti ha sofferto l’impatto con una nuova realtà è Watson. Ci descrivi che tipo di giocatore è Maurice Watson?

“Era facilmente pronosticabile che fosse così anche perché è l’unico giocatore del roster che non conosce il campionato italiano. Watson è un giocatore molto rapido, molto veloce che crea grandi vantaggi per i compagni ed in questo periodo sta facendo un po’ di confusione tra il creare vantaggi e far del casino (e ride scherzosamente). Quello che gli chiediamo è di continuare a creare vantaggi pensando anche un pochino di più a se stesso perché se devo fargli un rimprovero è quello di essere fin troppo altruista”.

Quello che in effetti si è notato da fuori, almeno sin qui, è che Watson pecchi in autostima. E’ un giocatore che si prende poco la responsabilità di andare al tiro. E’ un suo limite oppure è dovuto all’adattamento al nostro campionato e a una realtà per lui completamente nuova?

“Voglio pensare che sia la seconda perché non dimentichiamoci che lui l’anno passato ha fatto l’Eurochallenge da protagonista, quella vinta poi da Sassari, realizzando 16 punti e 7 assist di media a partita. Numeri importanti perché significa che per una volta che ti va storta e ne fai 7, la volta successiva ne devi fare 30. E’ stato uno dei migliori in Olanda, anche se quest’ultima non è l’NBA, ma avendo fatto la Coppa da protagonista credo che le credenziali siano ottime, non buone”.

A questo punto ti chiedo qual è il giocatore che maggiormente ti ha colpito in questo avvio di stagione?

“Mah… io ho buoni giocatori. Mi piace tantissimo Giachetti perché è un giocatore di grande livello e la nostra fortuna, come è stato fino ad ora, è che parte dalla panchina, che è veramente un di più per la nostra squadra. Marini che ha un talento che ancora lui stesso non ha forse ben realizzato che tipo talento abbia. Abbiamo due lunghi di una solidità pazzesca come Bruttini e Benvenuti, Rush che è una piacevolissima scoperta per chi non lo conoscesse ma è un uomo squadra incredibile. Sono davvero molto contento di tutti senza dimenticare i due ragazzi giovani, Kisting e Petrovic che hanno 18 anni, e quando sono stati chiamati in causa per degli spezzoni non hanno fatto rimpiangere i veterani”.

Come sta Klaudio Ndoja costretto ai box nelle recenti sfide di Supercoppa?

“Non ho nominato volutamente Ndoja perché fino a questo momento non è stato con noi. Klaudio è un giocatore per noi fondamentale perché è un ruolo fondamentale il suo. Un 4 che apre il campo, un giocatore importante per la carriera, l’esperienza e il carisma che mette in campo. Conto molto su di lui e lui lo sa e quindi lo aspettiamo a braccia aperte perché questa squadra è stata costruita anche su di lui”.

Il 6 ottobre scatterà il campionato. Qual è la tua griglia ai nastri di partenza?

“Devo essere sincero non ho ancora visto tutte le squadre e quindi sarei presuntuoso se facessi una griglia. Mi unisco al coro di tutti coloro che indicano in Verona e Udine le formazioni che hanno un qualcosa in più di tutte le altre. Poi vedremo strada facendo come saranno tutte le altre, ma noi con Verona e con Udine ma anche con tutte le altre vogliamo competere e fare un campionato da protagonisti”.

Siamo in chiusura e voglio chiederti un qualcosa che riguarda la nostra città. Pregi e difetti di Forlì?

“Guarda che bellezza (guardandosi intorno). Forlì è una città con tantissimo verde, non me la ricordavo così. Ogni tre metri c’è un parco, ogni tre metri c’è una strada alberata e questo a me piace tantissimo anche perché odio le metropoli, il caos ed il traffico. Per quanto riguarda la parte negativa è che non c’è una multisala in città perché adoro andare al cinema. Che poi pensandoci bene non è del tutto vero perché c’è a Forlimpopoli che è piuttosto vicino”.

Coach ti ringrazio per la disponibilità, ti faccio un grossissimo in bocca al lupo e ascoltando le tue parole ci auguriamo che il connubio Forlì-Dell’Agnello possa regalarci grandi soddisfazioni e durare più di quanto non durò la prima volta.

“Crepi il lupo, sono io che ringrazio te per questa intervista e ci conto tantissimo. Sono venuto a Forlì per starci un po’ e non per fare toccata e fuga. Me lo auguro ma sono sicuro che sarà così”.

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Pubblicato da Luca Gramellini

Laureato in Scienze Politiche all'Università degli Studi di Bologna da sempre affascinato dal giornalismo sportivo. Scrivere è sempre stata una passione. Essere apprezzati dipende da noi stessi, ma resta un privilegio. Non smettete mai di cullare i vostri sogni. Credeteci sempre e lottate per raggiungerli. Credete in voi stessi. I sogni si avverano.

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