Intervista esclusiva ad Alessandro Birindelli, ex giocatore della Juventus

A 48 ore dalla convincente prestazione della Juventus contro il Genoa ho avuto il piacere di contattare telefonicamente l’ex terzino destro e giocatore bianconero Alessandro Birindelli che ringrazio pubblicamente per la cortesia e la disponibilità mostrate. Il calcio non è solo star, soldi e stereotipi, il calcio è anche passione, sacrifici, “gavetta” e valori e Birindelli questi valori ce li racconta in questa intervista esclusiva.

Alessandro Birindelli buongiorno. Innanzitutto vorrei cominciare col chiederle come procede la sua carriera da allenatore?

In questo periodo sono in stand-by perché dopo 5-6 anni di settore giovanile ho deciso di fermarmi per iniziare un’avventura con i grandi, chiaramente guardando ad un progetto serio e ambizioso che punti anche sui giovani stessi e con una programmazione seria. Chiaro che questo lockdown non ha agevolato nessuno ma ora siamo ripartiti e sto facendo delle chiacchierate e delle valutazioni con alcune società ed alcuni direttori per capire che direzione prendere. Non è semplice perché questa crisi ha colpito tanti ma soprattutto la Lega Pro e la Serie B che a mio avviso sono state un po’ abbandonate senza grande programmazione e senza dare grandi indicazioni su quelli che potevano essere gli aiuti per ripartire e programmare la stagione successiva“.

Facciamo un tuffo nel passato. Lei inizia a giocare a calcio in provincia, poi passa all’Empoli dove, dopo la trafila nelle giovanili, conquista la prima squadra disputando cinque campionati arrivando in Serie A coi toscani. Possiamo dire che lei conosce la gavetta?

Eh sì possiamo dirlo. Ho fatto tanta Serie C, i primi due anni mi sono salvato, uno agli spareggi per non retrocedere e l’anno successivo all’ultima giornata, poi è stato tutto un crescendo sia come giocatore, sia come uomo. La stessa società e la squadra in quegli anni ebbero un cambio di tendenza che ci consentì di vincere due campionati di fila con Spalletti allenatore ed approdare in Serie A. Poi il successivo passaggio alla Juventus è stato per me un crescendo che mi ha regalato grandi soddisfazioni. Posso dire di esser stato fortunato a trovarmi nel posto giusto al momento giusto“.

Se le dico anno 1997 quali sono le prime cose ed emozioni che le vengono in mente?

Sicuramente le emozioni del primo giorno quando sono arrivato a Torino e mi sono venuti a prendere per fare le visite mediche, quando sono andato al Comunale a far le foto o sono andato nella sede della Juventus. Per me era un po’ come passare dal sogno che vivevo sino alle settimane precedenti perché questa squadra e le gesta dei suoi campioni li vedevo alla televisione e ritrovarmici dentro è stato tutto molto bello, molto strano ma l’ho vissuto con grande emozione“.

Lei ha avuto diversi allenatori, tra questi Luciano Spalletti, Marcello Lippi e Gian Piero Ventura. In breve può tracciare un profilo di ognuno di loro?

Spalletti per me è stato chiaramente importante perché l’ho vissuto anche da compagno di squadra nel suo ultimo anno da giocatore e poi agli inizi della sua carriera da allenatore. Luciano è una persona che stimola e si stimola e che cerca di trovare sempre soluzioni nuove. E’ un allenatore in continuo movimento. Gian Piero Ventura io lo chiamo il Professore perché secondo me è un grande maestro di calcio, mentre Lippi….(segue una pausa) di Lippi cosa ti posso dire?! Sotto Dio chi c’è (e sorride)? Perché uno che tocca e trasforma in successo tutto quello che fa come è accaduto a lui secondo me è un predestinato eterno a fare questo tipo di lavoro. Ha dimostrato con tante qualità di saper vincere in tanti modi mantenendo sempre alta la stima all’interno del gruppo da parte di tutti. Lippi è un allenatore che riesce ad entrare nella testa dei giocatori, da chi gioca a chi gioca un pochino meno e lo noti dal fatto che ognuno si fa in quattro per lui. Questo non lo dico io, lo dicono i risultati sportivi che ha conseguito nel corso della sua carriera”.

Tornando alla gavetta, dopo aver allenato l’Under 16, l’Under 17 e la Beretti del Pisa, com’è il Birindelli allenatore? Ce n’è uno a cui si ispira più di ogni altro?

Sono un allenatore a cui piace che la propria squadra giochi il pallone ed abbia un’identità. Poi purtroppo ci sono nella partita, o nel corso di una stagione, dei momenti nei quali non riesci a fare quello per cui ti sei preparato e quindi devi esser bravo nel saperti adattare. Pertanto più input e più conoscenze riesci a trasmettere alla squadra, meno difficoltà questa troverà nel corso della partita o della stagione a superare i momenti difficili. A mio avviso un allenatore moderno deve saper leggere le partite più velocemente possibile e preparare i suoi ragazzi a 360° per fargli capire che sono loro all’interno della partita che devono sapere come occupare gli spazi in fase difensiva o in fase di possesso. Una volta riuscito in questo, allora l’allenatore si può mettere a sedere senza più dare indicazioni e godersi i propri ragazzi“.

Lei si è conquistato tutto con grandi sacrifici. Ai giovani calciatori che la ascoltano c’è qualche consiglio che si sente di dare per cullare il loro sogno di arrivare dove è arrivato lei?

Devono fare quello che fanno con grande passione senza guardare ad altro. Purtroppo hanno mille stimoli e ci sono tante persone e distrazioni che arrivano dall’esterno che ti fanno perdere la dimensione della realtà. Si fa presto, specialmente nel mondo del calcio, a perdersi in queste cose, però se ci mettono cuore, passione, tanto sacrificio e capacità di ascoltare, perché un difetto dei giovani è che fanno un po’ fatica ad ascoltarti, allora possono cullare il loro sogno. Ecco secondo me chi ha queste caratteristiche o chi riesce ad avere queste caratteristiche può avere dei grandi vantaggi“.

Veniamo alla Juventus con la quale ha conquistato tre scudetti e disputato due finali, purtroppo perse, di Champions League. Che cos’ha di speciale secondo lei questa società che altre competitor non hanno?

Le altre squadre non hanno il dna di questa società, dna che la Juventus ti trasmette sin dal primo giorno in cui ci arrivi, è un qualcosa che respiri nell’aria ed anche nelle difficoltà vedi che non c’è mai un malumore o qualcosa che ti faccia pensare che ci siano delle problematiche. I problemi riescono sempre a gestirli all’interno con grande umiltà e professionalità senza cercare il classico capro espiatorio. Questo ti permette nel lungo periodo di durare, consolidarsi e vincere come poi sta facendo questa squadra con l’ambizione di migliorarsi sempre come società, come squadra, come marketing e come infrastrutture. E’ una società lungimirante, brava nella ricerca delle risorse umane, nell’individuare gli uomini giusti da mettere nei posti giusti. E’ un’azienda modello, con grande carattere e nella quale nessuno ti fa mai mancare nulla. Questo permette a chi ci lavora di avere sempre fame e voler sempre mantenere alta la fama e il blasone di questa società“.

Nel corso della sua esperienza juventina Birindelli è riuscito a ritagliarsi spazi molto importanti. Può dirci qual è il ricordo più bello e quale quello brutto del suo periodo bianconero?

Il più bello….(piccola pausa di riflessione) beh direi che ce ne sono tantissimi, pero posso dirti l’annata 2003 dove io personalmente, ma anche la squadra, facemmo una stagione eccezionale battendo in Champions squadre come Barcellona, Real Madrid e Deportivo e disputando match che peraltro mi videro anche protagonista. Poi vincemmo anche il campionato, insomma un’annata davvero strepitosa. Purtroppo mancammo la classica ciliegina sulla torta perdendo la famosa finale di Manchester contro il Milan ai calci di rigore, ma fa parte del gioco. Il momento più brutto sicuramente l’infortunio che mi privò di giocarmi le mie chance per andare al Mondiale del 2006 e di avere anche la possibilità di giocare quei due campionati di Serie A con Capello allenatore in maniera diversa. Anche questo fa parte dello sport e del calcio in particolare“.

Veniamo appunto all’estate 2005 e a quel grave infortunio che le compromise la stagione. Sono tappe attraverso le quali un giocatore, nel corso della carriera, deve passare. Come si superano quei momenti?

Si superano con l’affetto dei tuoi cari, con l’amore della famiglia, delle persone che ti vogliono bene e grazie a dei professionisti che mi hanno seguito e mi hanno dato la possibilità di lavorare in maniera distaccata dalla squadra perché a livello psicologico vedere tutti i giorni i tuoi compagni allenarsi duramente e tu che non riesci magari nemmeno a piegare il ginocchio è psicologicamente devastante. L’essere seguito da professionisti e da una struttura esterna ti permette di avere la testa concentrata per rientrare al più presto possibile“.

Tornasse indietro c’è qualcosa che non rifarebbe o una scelta che farebbe diversamente?

Di scelte sbagliate nella vita se fanno tante ma sicuramente quella di venire a Pisa dopo l’esperienza di Torino senza valutare e calcolare bene tutto il contorno, scegliendo più col cuore che con la ragione, si rivelò una scelta azzardata. Quell’anno la squadra retrocesse e la società fallì e per me che ero arrivato nella squadra della mia città non fu certamente bello. Quello che all’inizio era un sogno nel cassetto che realizzavo, si rivelò alla fine una scelta, per tempistiche, sbagliata“.

Nel calcio attuale c’è un giocatore nel quale si rivede?

Nel calcio attuale forse, forse mi rivedo in Calabria. Un giocatore molto aggressivo che ha un grande impatto sulla partita, un ragazzo molto attivo, sempre sveglio ed anche come altezza e caratteristiche mi assomiglia essendo un giocatore molto rapido. Poi ce ne possono essere altri ma lui, anche morfologicamente, mi assomiglia abbastanza“.

La Juventus di Maurizio Sarri pur tra mille difficoltà è in testa al campionato. Lei come la vede nella lotta scudetto?

Ho sempre detto sin dall’inizio che lo scudetto lo può perdere solo la Juventus perché a mio avviso al di là della crescita delle altre i bianconeri restano un gradino sopra a tutti per profondità della rosa, qualità dei giocatori, per l’ambiente e, pur con grandi difficoltà dovute ad un nuovo percorso, nelle ultime partite ho visto una squadra via, via più brillante, motivata con una cattiveria che non avevo visto nelle partite precedenti. Non ti dico all’inizio ma ora questa squadra la guardi giocare e ti diverti“.

Ad agosto ripartirà anche la Champions League e ci sarà subito da ribaltare l’1-0 di Lione. Qual è la sua favorita per la vittoria finale?

La favorita non saprei ma sicuramente spero vinca la Juventus. Poi se proprio non dovesse essere così spero che vinca l’Atalanta che sta facendo grandi cose“.

Il calcio e l’amicizia. Alessandro Birindelli nel corso della sua carriera è riuscito a far combaciare le due cose? Ci sono giocatori con i quali ha instaurato un’amicizia vera?

Si certo! Io ho avuto la fortuna di conoscere ed incontrare nel mio percorso tanti compagni che poi sono diventati amici anche perché in un gruppo se non instauri rapporti solidi e non sei amico poi difficilmente raggiungi certi risultati sportivi e certe vittorie. Con molti di loro mi sento tuttora ed anche se la vita ci ha portato ad esser lontani e quindi frequentarsi è diventato difficile ancora oggi ci sentiamo e siamo rimasti in ottimi rapporti“.

A proposito di campioni vorrei chiederle qual è il giocatore più forte con il quale abbia giocato e quello più difficile da fermare da avversario?

Sicuramente Zinedine Zidane è il giocatore più forte e più completo col quale abbia giocato. Un genio del calcio, un giocatore moderno che potrebbe benissimo giocare ancora oggi con grandi risultati. Quello più difficile da contenere dico sempre Ryan Giggs perché era un giocatore universale che non sapevi mai dove andava a pescare questa palla e non sapevi mai, quando ti puntava, dove potesse andare. Un giocatore veloce e imprevedibile e quindi dico Giggs“.

Siamo in chiusura e allora le chiedo qual è il sogno di Alessandro Birindelli?

Mi hanno sempre insegnato che nella vita devi sognare. Se non sogni, se non ti crei degli obiettivi non puoi goderti la vita, poi i sogni e gli obiettivi possono essere piccoli, medi o grandi. Io in questo momento ho l’obiettivo di allenare perché è la mia passione, perché è la mia vita e perché mi piace farlo. Se mi sarà data l’opportunità darò tutto me stesso per cercare di farlo al meglio perché vivo per questo“.

Allora le faccio il mio più grosso in bocca al lupo affinché possa realizzare il suo sogno.

Grazie mille e crepi il lupo“.

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Pubblicato da Luca Gramellini

Laureato in Scienze Politiche all'Università degli Studi di Bologna da sempre affascinato dal giornalismo sportivo. Scrivere è sempre stata una passione. Essere apprezzati dipende da noi stessi, ma resta un privilegio. Non smettete mai di cullare i vostri sogni. Credeteci sempre e lottate per raggiungerli. Credete in voi stessi. I sogni si avverano.

2 Risposte a “Intervista esclusiva ad Alessandro Birindelli, ex giocatore della Juventus”

  1. Complimenti Gramellini fare un tuffo dentro al mondo Juventus attraverso i racconti di chi ci ha vissuto è bello per chi è appassionato. Continui così io attendo la prossima intervista

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