Intervista esclusiva ad Angelo Di Livio, l’ex soldatino di Juventus, Fiorentina e Nazionale

Molto spesso quando pensiamo o parliamo di calcio ci riempiamo gli occhi e la bocca pensando alle gesta di fenomeni assoluti come Ibrahimovic, Ronaldo o Messi. Ma il calcio è un gioco di squadra e per vincere le battaglie sul campo servono generali e soldati. Io ho avuto il piacere e l’onore di raggiungere telefonicamente il “Soldatino” per eccellenza, Angelo Di Livio, che ringrazio pubblicamente per questa intervista esclusiva.

Buongiorno Di Livio. Vorrei cominciare col chiederle una curiosità. Lei è noto al calcio italiano come “Il Soldatino”. Posso domandarle dove e quando nacque il suo soprannome?

Sì eccomi qua e buongiorno innanzitutto. Questo soprannome nacque nel 1993 quando, da poco arrivato alla Juventus, Roberto Baggio vedendomi correre mi disse che che avevo il modo di correre tipico di un soldatino e così da allora mi porto dietro questo soprannome. Questa è un po’ nella sostanza la storia del soldatino che devo a Baggio e agli anni alla Juventus“.

Lei è romano ed è cresciuto nelle giovanili della Roma con cui vinse un Torneo di Viareggio nel 1983 ma non è mai arrivato in prima squadra. Rimpianti?

Beh rimpianti ora no, però è chiaro che tanti anni fa il calcio era anche diverso e per far giocare un giovane dovevi essere veramente un fenomeno. A quei tempi c’era una mentalità completamente differente ma rimpianti non ne ho perché ho fatto la mia carriera, la mia bellissima carriera (lo sottolinea orgoglioso), e quindi sono felice e contento per quello che fatto e che il calcio mi ha dato“.

Prima Perugia, quindi Padova e successivamente l’approdo alla Juventus nel 1993 all’età di 27 anni quando non era più un ragazzino. Può descrivere che emozioni provò?

L’emozione di arrivare in club come la Juve è un qualcosa di straordinario a qualsiasi età. Poi la sensazione che provai è quella che può davvero succedere di tutto a qualsiasi età e questo può essere portato come esempio per tanti giovani o per tanti, che comunque in un’età avanzata, non sono ancora riusciti ad approdare in Serie A e in una frazione di secondo ti può cambiare la vita“.

Il suo primo allenatore in Serie A fu Giovanni Trapattoni, può raccontarci un aneddoto o un episodio che ancora oggi le è rimasto impresso?

Sono molto legato al grande Trap e di aneddoti ce ne sarebbero diversi. Uno di quelli che comunque ricordo sempre volentieri fu quando poco prima del mio esordio in Serie A mi disse: “Stai tranquillo, stai sereno, gioca come sai e vedrai che verrà tutto di conseguenza” e fu esattamente così. Parole che possono sembrare banali ma che dette dal grande Trap ebbero l’effetto voluto“.

Nella stagione 1994/95 alla Juventus approdò Marcello Lippi. Quali analogie e quali differenze con Trapattoni?

Parliamo sicuramente di due grandi allenatori, due che sanno preparare nel miglior modo possibile le partite. Come detto prima sono molto legato al Trap perché con lui ho esordito in Serie A, poi però con Lippi aprimmo un ciclo vincente e straordinario del quale ancora oggi tutti ne parlano con grande entusiasmo“.

Nella Juventus ha avuto la fortuna di giocare con gente come Baggio, Del Piero, Zidane per citarne solo alcuni. Può tracciare un profilo in breve di questi “mostri” del calcio?

Guarda, tutti e tre possono essere racchiusi nella parola genio perché sono stati tre giocatori fenomenali nella tecnica individuale, nella fantasia, nel loro modo unico di accarezzare la palla, nell’intelligenza calcistica e quindi posso ritenermi veramente fortunato per aver giocato con tre giocatori di così assoluta qualità“.

Nella sua carriera ha vinto tanti trofei tra cui 3 scudetti, 2 Coppe Italia, 2 Supercoppe Italiane, 1 Champions League, 1 Coppa Intercontinentale e 1 Supercoppa Europea e li ha vinti da protagonista. Qual è stata la vittoria più bella ed emozionante?

Certamente il primo scudetto e la conquista della Coppa Campioni sono sensazioni ed emozioni che mi porterò sempre dentro perché furono le prime grandi vittorie della mia carriera. Però poi non dimentico nessun altro di quelli che hai citato tu perché vincere è sempre bello e quando ti abitui a farlo ogni vittoria ti regala grandi emozioni“.

Nella Juventus che trionfò quel 22 maggio 1996 c’era un bel mix di campioni e gregari, dove per gregario intendo un ruolo fondamentale all’interno di un gruppo. Non crede che nella Juventus degli ultimi anni ve ne siano pochi e questo possa esser proprio un limite al raggiungimento del successo più ambito?

Io credo che la parola gregario non debba offendere nessuno perché è una qualità straordinaria in un calciatore. E’ chiaro che in un team non ci possono essere tutti geometri, ma ci devono essere anche gli operai e come hai detto bene tu, quella Juve era molto completa, c’era di tutto, il giusto mix di gregari e campioni, una squadra costruita e amalgamata alla perfezione. La Juventus attuale è forse un po’ troppo leziosa, molto tecnica ma con pochi giocatori di fatica e infatti si sono viste, soprattutto quest’anno, le difficoltà quando non hai questo tipo di giocatori. Parliamo comunque di una grande squadra sia chiaro“.

Nella stagione 1999/2000 il suo passaggio alla Fiorentina dove raggiunse il suo ex compagno alla Juventus, Moreno Torricelli, e dove rimase per 6 stagioni fino al 2005. Come fu accolto da società e tifosi all’inizio e cosa le è rimasto di Firenze e della Fiorentina?

Dalla società fui accolto benissimo. Da parte dei tifosi è chiaro che inizialmente ci furono le solite perplessità tipiche del tifoso. Quando vieni dalla Juve sei sempre visto, non dico in malo modo, non voglio esagerare, però c’è sempre quell’antipatia momentanea, quell’astio verso quei colori da parte dei tifosi viola. Poi però se uno fa il suo lavoro, va in campo e si impegna dando tutto per quella maglia vieni apprezzato, infatti mi bastò pochissimo per cambiare tutto e diventare in ultimo anche uno degli idoli importanti di Firenze. Per me quella fu una bellissima scommessa perché arrivai a giocare i preliminari di Champions League e successivamente mi ritrovai a giocare in C2 e ti puoi immaginare quello che dovetti passare. Le sensazioni positive, l’attaccamento alla maglia, tutte le mie qualità che mi hanno portato a raggiungere il grande calcio“.

Di Livio e i giovani. Tra il 2006 e il 2008 lei è stato allenatore nelle giovanili della Roma. Posso chiederle perché si è interrotto questo percorso con i giovani?

Il percorso si è interrotto perché volevo prendere tutti i patentini, ci sono riuscito e come spesso accade è successo che non ho mai ricominciato. Lavorare con i giovani è sempre stata la mia qualità, mi è sempre piaciuto ed infatti provai questa esperienza per cercare di avere anche una carriera da allenatore, ma poi mi sono interrotto“.

I giovani e il calcio. Lei è arrivato in Serie A a 27 anni. Cosa si sente di consigliare ad un giovane aspirante calciatore di oggi?

Ci vuole passione, io credo che la qualità più importante sia la passione, la voglia di migliorarsi sempre. Questa è una qualità che devono avere tutti perché, come tu prima hai ricordato l’età nella quale io arrivai in Serie A, così a me piace sottolineare un altro esempio straordinario che è quello di Moreno Torricelli il quale veniva dall’Interregionale da una squadra sconosciuta e si ritrovò di colpo a giocare in pochi mesi nel club più ambizioso: la Juventus. Queste sono situazioni da fare emergere per chi ha qualità e in questo momento non si sente soddisfatto della propria carriera“.

La sensazione è che oggi nei settori giovanili italiani si guardi più al fisico che alla tecnica. Ci sono pochi giocatori abili nell’uno contro uno o nel saltare secco l’uomo. Lei cosa ne pensa?

Penso che siano tutte stupidaggini. Per me il fisico può esser sì importante per un difensore, ma non per un centrocampista o un attaccante. Nel calcio più sei veloce e più sei reattivo, più fai la differenza secondo me. Non a caso il più forte in assoluto si chiama Lionel Messi che è alto 1,65 mt più o meno. Penso poi ad Insigne o a Verratti, insomma ci sono tanti esempi di giocatori non altissimi che sono arrivati ad altissimi livelli. E’ vero quello che dici tu, il fisico fa la differenza e le società ci guardano, però a mio avviso non è così, per me conta di più la testa“.

C’è un Angelo Di Livio oggi in Serie A?

Beh… a me piace molto Florenzi anche se non gioca più in Serie A, mi piace molto Cuadrado, mi piace molto Lazzari della Lazio. Forse hanno anche altre caratteristiche, ma qualcosa del Di Livio di allora ci può essere. Io ero un giocatore che copriva tutta la fascia, tatticamente ero molto intelligente e quindi ti ho fatto questi tre nomi che a mio avviso racchiudono un po’ quello che mi hai chiesto“.

Di Livio e la Nazionale. Posso chiederle un episodio che ricorda della sua esperienza in Nazionale?

Sì ce ne sono tanti. E’ chiaro che l’Europeo perso in Belgio e Olanda in finale con la Francia in quella maniera a pochi secondi dalla fine è una ferita che difficilmente si riuscirà a guarire. Quella vittoria era quasi nostra, purtroppo c’è stato quell’episodio nel quale a venti secondi dalla fine ci pareggiarono e la vittoria ci scappò via. Il rammarico più grande è quello di non aver mai vinto un trofeo con la Nazionale“.

Siamo in conclusione e allora le domando un pronostico su chi vincerà il campionato e chi la Champions League?

Il campionato secondo me lo rivincerà ancora la Juve anche se quest’anno ha fatto un po’ di fatica mentre la Champions… (pausa di riflessione) bella domanda. Per la Champions ci sono 4/5 squadre secondo me all’altezza della situazione. Il Real è una squadra sempre molto forte, il Barcellona non lo puoi mai sottovalutare, però se dovessi scegliere forse direi Paris Saint Germain quest’anno. E’ vero che non arriva mai in fondo e vedremo dopo il Covid come riuscirà ad imporsi in Europa visto che la Ligue 1 è ferma, però dico PSG. E’ chiaro che con il cuore dico Juve“.

Le faccio un grosso in bocca al lupo per tutto e la ringrazio infinitamente per la sua disponibilità.

E’ stato un piacere sono io che ringrazio te“.

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Pubblicato da Luca Gramellini

Laureato in Scienze Politiche all'Università degli Studi di Bologna da sempre affascinato dal giornalismo sportivo. Scrivere è sempre stata una passione. Essere apprezzati dipende da noi stessi, ma resta un privilegio. Non smettete mai di cullare i vostri sogni. Credeteci sempre e lottate per raggiungerli. Credete in voi stessi. I sogni si avverano.

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