Tra scomode verità e un sole che non c’è

In tanti, certamente in troppi, avevano pensato che liberandosi di Allegri e cambiando qualche giocatore la situazione in casa Juventus sarebbe tornata come sotto ad un sole splendente. In tanti, certamente in troppi, si sbagliavano perché oggi di splendente alla Continassa non c’è davvero nulla. Dalla poltrona e dal divano abbiamo tutti, chi più e chi meno, la propria idea e soluzione ai mali della nostra Vecchia Signora. Già, la Vecchia Signora, quella che si pensava di ringiovanire radicalmente, per farla tornare veloce, scattante, intensa, bella, divertente e pure vincente. Badate bene, come parte di voi, anche lo scrivente ha spinto per il cambio della guida tecnica, ma non perché Allegri non fosse un buon allenatore, bensì perché ritenevo giunto al capolinea il suo percorso in bianconero e come parte di voi pensavo che si sarebbe potuto costruire un futuro con un calcio differente, ma che potesse ugualmente regalarci, non oggi, ma domani sì, i successi che merita la storia di questa società.

Invece questo domani non sarà domani perché a troppi sfugge e, cosa ben più grave, è sfuggito alla dirigenza, che la Juventus è un qualcosa di differente da qualsiasi altra realtà. Alla Juventus non a caso ogni giocatore che si presenta davanti a un microfono ti dice che: “Qui si percepisce l’importanza che ha la vittoria, qui c’è un solo obiettivo: la vittoria”. E non a caso sentite spesso raccontare la storiella, che poi storiella non è, che la maglia della Juventus ha un peso differente. Tutti concetti che, per chi non ha mai vissuto quegli ambienti o giocato a quei livelli, possono essere di difficile comprensione. Possibile che tutto questo possa riguardare la Juventus e non altri club? Sì, è possibile perché per cultura e mentalità Madama non è una società come tutte le altre.

Per giocare nella Juventus non basta essere bravi e forti tecnicamente, bisogna essere forti soprattutto mentalmente e solo oggi, con colpevolissimo ritardo, forse qualcuno sta aprendo gli occhi. Giocare nella Juventus o allenare i bianconeri non è come giocare nella Fiorentina con tutto il rispetto, che pure è un club modello sotto molti aspetti e che oggi viaggia a braccetto in classifica proprio con la Juve. Per giocare nella Juventus servono personalità ed una forza mentale che devono essere sopra la media. Pensate a quando dal tunnel che conduce al terreno di gioco sino a qualche anno fa gli avversari, mi riferisco soprattutto a quelli che club come i bianconeri, il Milan, l’Inter per restare tra gli italici confini, li vedevano come punto di arrivo o squadroni da affrontare per poterlo raccontare un domani a figli e nipotini, affiancavano campioni del calibro di Buffon, Barzagli, Chiellini, Bonucci, Pirlo, Pogba, Vidal, Tevez, Mandzukic o Del Piero e mi fermo qui per non sollecitare ulteriormente le coronarie, oggi si trovano a guardarsi negli occhi con i vari Di Gregorio, Savona, Cambiaso, Gatti, Locatelli, Mbangula, Yildiz o lo stesso Vlahovic.

Pensateci attentamente e pensate a come squadre di bassa classifica da ormai qualche tempo salgano a Torino e senza alcun timore reverenziale portino via punti che griderebbero vendetta se solo in società qualcuno avesse la percezione di che tipo di processo sia stato messo in atto. E’ una scomoda verità, la mia, che non sarà la verità assoluta, ma qualcuno anche mediaticamente ha cominciato ad evidenziarla. Per stare alla Juve servono personalità e la giusta mentalità e chi, pur bravo tecnicamente, non ha queste qualità sarà sempre quello che prima di approdare in bianconero era un ottimo giocatore e successivamente ha subìto un’involuzione. In realtà non è un’involuzione, ma la non attitudine a sopportare quello che a livello di pressioni significa stare alla Juventus. Le parole di Locatelli, oggi capitano, devono risuonare come un pesantissimo campanello d’allarme e se le dice lui..

Prima il problema era Allegri, oggi il problema si chiama Motta. Ma mentre Allegri aveva la stoffa e la scorza dura per fare da scudo alle tante pecche di una società che da anni fatica a ritrovare la retta via, l’ex mister del Bologna delle meraviglie non ha ancora ben compreso cosa significhi allenare la Vecchia Signora. “Voglio vincere come allenatore, ma la vittoria non è un’ossessione” queste le recenti dichiarazioni, inaccettabili e demotivanti, rilasciate dall’italo-brasiliano. “Se un allenatore mi avesse parlato in quei termini mi avrebbe tolto le motivazioni” è il fresco pensiero di Alessio Tacchinardi, uno che di Juventus ne ha “masticata” e se ne intende. E se oggi la Juve è priva di uomini che possano trasudare personalità e juventinità da tutti i pori ancora più incomprensibile ed inaccettabile risulta la gestione del caso Danilo, uno dei pochi ad avere stoffa e carisma per gestire i momenti di difficoltà.

Capitolo Giuntoli. Un conto è essere eletto miglior direttore sportivo quando sei al Napoli, un altro è ripetersi dovendo risollevare le sorti del club più titolato d’Italia e se la strada da perseguire è quella della riduzione del monte ingaggi a discapito di qualsiasi uomo di carisma e spogliatoio, i risultati rischiano con molta probabilità di essere vicini a quelli che stiamo vedendo. La stagione è solo a metà, ma la piega presa non è delle più incoraggianti e la scelta di puntare, non esattamente gratis, su un portiere come Di Gregorio, quando Perin non è assolutamente inferiore e certamente più carismatico, è una delle falle di cui a fine stagione spero di poter recitare il “mea culpa”. L’altra, e qui la falla è profondissima, è quella di aver pensato di poter contare sul recupero di Milik e non premunirsi di un cambio per il deficitario Dusan Vlahovic.

Capitolo Vlahovic. Qui bisogna essere onesti intellettualmente e riconoscere che aver creduto di aver preso uno dei migliori attaccanti al mondo è stato un grave errore. Pagato carissimo, con un ingaggio che nemmeno a Football Manager (dove con soldi virtuali ci si può permettere di giocare e scherzare) ti avrebbero permesso di elargire, ci troviamo di fronte ad un serissimo problema. Giocatore invendibile per i costi a bilancio e per lo sconsiderato ingaggio è uno dei gravissimi problemi di una Juventus che credeva di poter avere nel serbo il giocatore simbolo e carismatico di cui aveva bisogno. Invece il numero 9 bianconero è tutto quello che non ti saresti aspettato. Debole caratterialmente e deficitario dal punto di vista tecnico, mai in grado di caricarsi i compagni sulle spalle e trascinarli fuori dalle difficoltà. I gol di Lipsia, purtroppo, sono solo fatti estemporanei che non trovano continuità nei numeri e nelle prestazioni.

Le grandi squadre si costruiscono in primis con gli uomini, con giocatori dall’elevato valore morale e dalla forte personalità, esattamente tutto quello che oggi alla Juventus, in quello spogliatoio, non c’è. A partire dall’allenatore a cui è giusto dare tempo, ma che quanto prima deve comprendere la sua nuova dimensione. Thiago Motta, infatti, ad oggi ha dimostrato di saper disporre la sua Juve solo così, di avere idee preordinate sui cambi in corsa e di trasmettere, senza la sua ossessione per il successo, un messaggio che va contro la storia stessa della Juventus. Sono tutte scomode verità, ma di quel sole splendente che in molti avevano pensato si sarebbe stabilizzato dalle parti di Torino liberandosi di Allegri non ve n’è traccia e sebbene sia il primo a riconoscere che serve tempo, non sarò l’ultimo a sottolineare che la Juve è la Juve e per giocarci o allenarla devi avere carattere e personalità.

4,6 / 5
Grazie per aver votato!

Pubblicato da Luca Gramellini

Laureato in Scienze Politiche all'Università degli Studi di Bologna da sempre affascinato dal giornalismo sportivo. Scrivere è sempre stata una passione. Essere apprezzati dipende da noi stessi, ma resta un privilegio. Non smettete mai di cullare i vostri sogni. Credeteci sempre e lottate per raggiungerli. Credete in voi stessi. I sogni si avverano.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Verificato da MonsterInsights