Milano ha l’uranio impoverito, Forlì si scopre povera di tutto ma porta a casa un successo che è una quasi sconfitta.
Se vi diranno che contava vincere osservate il naso dell’interlocutore, potrebbe allungarsi a dismisura. Se vi racconteranno che l’importante erano i due punti sappiate che vi stanno mentendo. Perché un conto è vincere, magari in maniera sporca o non giocando bene, un altro è farlo giocando una partita tra le peggiori dell’era moderna.
Un match che più che una sfida di pallacanestro è sembrato un film horror mal riuscito. Regista? Probabilmente quel Lynch che noi tutti ricordavamo bianco e di nome David ma che questa sera si è presentato a Forlì color caffè latte e un pochino più alto con le pretesa di saper giocare a basket.
Diciamocelo senza che nessuno si offenda, quel Reggie Lynch con la canotta 22 di Milano è uno degli americani più buffi e scarsi mai visti giocare, almeno a Forlì. Eppure i biancorossi sono stati capaci, contro una squadra senza un americano per tutto il secondo il tempo, che poi è stata la loro fortuna, della quasi impossibile missione di perdere davanti al proprio pubblico con un vantaggio anche oltre la doppia cifra.
L’Unieuro vince di un punto ma è quasi una sconfitta perché la palla della vittoria l’ha avuta Milano che essendo una squadra piuttosto mediocre e avara di talento non ha saputo capitalizzare e punire una compagine romagnola senz’anima, apatica e priva di leadership come mai la si era vista prima.
Coach Dell’Agnello in cuor suo non può essere contento né guardare al futuro carico di entusiasmo perché la depressione espressa questa sera e particolarmente tangibile sugli spalti dell’Unieuro Arena è un dato che deve far riflettere.
Troppo brutta per essere vera
Il primo tempo è stato di un livello così basso da risultare imbarazzante solo ripensarlo. Fatta eccezione per Bruttini difficile trovare qualcosa di positivo nei primi 20′ di assoluto non gioco. Nella seconda parte di gara, quando un ritrovato Marini aveva portato un po’ di entusiasmo e la partita sembrava incanalata c’è comunque poco di più da salvare. Perché quando sei sopra di 12 e riesci nella quasi impossibile impresa di cadere tra le mura amiche contro questa Milano c’è veramente poco da stare allegri.
Watson, abbiamo un problema
Nel titolo c’è tutto o quasi. E quel quasi è Erik Rush. L’americano di passaporto svedese sta diventando un problema. Se il play tascabile sparge tanto fumo e raccoglie un poco di arrosto, Rush è quasi peggio dello Ian di nazionalità gallese che provò a giocare a calcio senza fortuna nella Juventus degli anni ’90. Sì perché questo Rush non è certo quello ammirato in avvio di stagione e che pareva potersi caricare i compagni sulle spalle. Zero apporto in fatto di punti, zero leadership e zero assunzione di responsabilità. Urge cambiare rotta.
Si salva la curva
La parte più spettacolare e divertente del match dura circa 7′ nell’ultimo quarto quando una spettacolare curva forlivese intona, canta e balla coinvolgendo tanta parte del palazzetto nonostante lo spettacolo sul parquet fosse tra il brutto e l’osceno. A testimonianza di ciò a meno di 1′ dalla sirena l’ennesimo attacco gettato alle ortiche è riuscito nella famigerata impresa di ammutolire anche gli ultras a cui va comunque il premio di MVP della serata.
Forlì, adesso che è finita, dimostraci che è stato solo un brutto film mal diretto da Reggie Lynch e che già domenica sarà tutta un’altra storia.
Ringrazio Massimo Nazzaro autore della foto copertina