L’incontentabile tifoso juventino

C’è sempre un motivo per il quale ognuno di noi, amanti dello scrivere e del comunicare, prendiamo lo spunto per esprimere un qualcosa. Noi tifosi della Vecchia Signora in questi anni di motivi e spunti per deporre fiumi d’inchiostro ne abbiano avuti tanti.

Il popolo bianconero è numeroso, ma certamente meno di quello anti-juventino contro il quale è logico e naturale “combattere” ogni anno per difendere i colori bianconeri. Il popolo bianconero è numeroso dicevo, ma mai avrei immaginato, in questo mio percorso di racconti e conoscenze social, che numerosissima fosse la parte “infelice”, mai contenta e sempre critica per questa o per quest’altra ragione.

La premessa è d’obbligo: ognuno è tifoso a modo suo ed ognuno ha il diritto di esprimere il proprio pensiero. Certo è che in più di tante circostanze (la non correttezza dell’espressione italica è voluta) leggere commenti catastrofisti e pessimistici oltre misura è quantomeno sorprendente alla luce del percorso di crescita avuto dalla Juventus Football Club negli ultimi 15 anni: quelli del post “farsopoli“.

Il tiro al bersaglio assistito spesso contro Andrea Agnelli, ma soprattutto contro Fabio Paratici sono frutto di una grande espressione di coraggio da parte del tifoso juventino. Che abbiano commesso errori può essere condivisibile, chi non ne commette? Ma certe condanne circa il loro operato le trovo eccessive.

Come spesso accade, il tifoso “fighetto”, per usare un’espressione poco diplomatica, me ne rendo conto e mi scuso, ricorda solo ciò che gli fa comodo ricordare. Gli restano impresse le disfatte (poche per la verità), il non gioco, le cessioni e i mancati arrivi, mai una menzione o un “mea culpa” dinanzi a prestazioni di qualità, acquisti da top team o scudetti in serie neanche fosse la cosa più naturale di questo mondo.

Pirlo era già stato giudicato ancor prima di aver il tempo di dimostrare sul campo le proprie idee. Che fosse inesperto non è sindacabile, che non avesse le capacità di guidare la Juventus occorreva tempo per dirlo. Siamo a dicembre, nonostante qualche pareggio di troppo, figlio di un percorso di crescita inevitabile, la sua Juve vanta la miglior difesa della Serie A, è ancora imbattuta, ha chiuso, contro ogni pronostico, da prima il girone di Champions andando a vincere 3-0 al Camp Nou di Barcellona e nelle ultime partite ha esibito quella fame, imprescindibile nel DNA bianconero, che ormai da un paio di stagioni non si vedeva più.

La prestazione di Parma, al netto del rotondo 4-0, ha restituito agli occhi della tifoseria una squadra che ha ancora quel “sangue negli occhi” e quella “bava alla bocca” che hanno sempre fatto la differenza tra la Juventus e le competitors, più impegnate a fare del vittimismo quale scusa dei loro insuccessi.

È chiaro che i conti saranno fatti alla fine, che una rondine non fa primavera, ma è anche vero che tre indizi cominciano ad essere una prova: Barcellona, Atalanta e Parma in serie sono segnali di una squadra che comincia a conoscersi, divertirsi e giocare il calcio voluto dal proprio allenatore.

A chi lamenta che vincere in Italia non conta più ormai, che al cospetto del numero di scudetti vinti, in Europa valiamo zero, consiglio vivamente di voltarsi indietro, guardare dove ci avevano cacciato nel 2006 e osservare cos’è la Juventus oggi. Senza dimenticare, in ultimo, ma non ultimo evidentemente, chi gioca nella Juventus: quel Cristiano Ronaldo che ancora oggi a quasi 36 anni è l’attaccante più forte del mondo e che 58 anni dopo Omar Sivori ha toccato quota 33 gol in campionato, in un anno solare (record eguagliato) con numeri che nemmeno la matematica riesce più a conteggiare.

La Juventus è tornata ad avere la “bava alla bocca”, il percorso avviato serviva per garantire un nuovo ciclo di successi, difendere questi principi o, se preferite, credere in questi principi, non significa essere aziendalisti ma essere coerenti, riconoscere meriti e difficoltà inevitabili perché dirigere e gestire una grande azienda non è come giocare alla PlayStation.

Alla Juve serve la fame, al tifoso un po’ più di riconoscenza e coerenza e sono certo che assaporerà il gusto delle vittorie come essere meritano di essere assaporate.

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Pubblicato da Luca Gramellini

Laureato in Scienze Politiche all'Università degli Studi di Bologna da sempre affascinato dal giornalismo sportivo. Scrivere è sempre stata una passione. Essere apprezzati dipende da noi stessi, ma resta un privilegio. Non smettete mai di cullare i vostri sogni. Credeteci sempre e lottate per raggiungerli. Credete in voi stessi. I sogni si avverano.

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