Non serviva il Covid-19 per capire che ciò che più conta sono gli interessi economici ma la speranza è che davvero non sia messa a rischio la salute
È trascorso un mese e mezzo dall’ultima partita di campionato, era il 9 marzo ed il Sassuolo aveva la meglio sul Brescia per 3-0. Anche se in realtà, per i tifosi bianconeri, l’ultima partita è Juventus – Inter 2-0 di domenica 8 marzo, con Ramsey e la perla di Dybala a regalare le ultime gioie sportive prima del dramma Coronavirus.
Già, quel dramma che ha cambiato la vita di tutti noi, del calcio e di tutti gli sport a tutti i livelli. In questa maledetta battaglia, dentro una grande guerra, sono caduti in decine di migliaia, tra uomini, donne, dottori, preti ed anche ragazzi.
Chi prima e chi dopo ha dovuto prendere atto di questo nemico invisibile, vigliacco che ha imposto un cambiamento epocale nei nostri stili di vita, costringendoci ad una limitazione della libertà mai pensata prima, inimmaginabile e per la quale intere città e nazioni sono state sottoposte a regime di lockdown.
Lo sport in tutto questo è sempre rimasto al centro dei dibattiti perché, si sa, il dio denaro va oltre la ragione e vince su tutti e tutto. Ma lo sport ha conosciuto esso stesso le grandi differenze (prima solo economiche) di trattamento e di salvaguardia della salute.
Pallacanestro: decisione inevitabile
Così la pallacanestro, attraverso le Leghe di Serie A1 e Serie A2, ha decretato la fine anticipata dei campionati con la non assegnazione dello scudetto e delle retrocessioni/ promozioni, con l’inevitabile conseguenza di un cataclisma per la stagione che verrà. Senza gli introiti da botteghino, quelli televisivi ed in parte da sponsor tantissime società non ce la faranno e tante altre subiranno un inevitabile ridimensionamento.
Un calcio alla ragione
Poi c’è il calcio, dove imperversa il dio denaro e dove la soluzione non può essere la medesima adottata dal basket o da campionati di seconda fascia come quello belga o quello scozzese che hanno decretato anticipatamente la fine delle ostilità cristallizzando la classifica al momento del fermo imposto ai campionati.
Qui, dopo due mesi a sentir parlare (giustamente aggiungo) della salvaguardia della salute, non è pensabile non assegnare lo scudetto e al tempo stesso, per l’UEFA, non è pensabile non portare a termine Europa League e Champions League. Troppi gli interessi economici e troppo alti i rischi di un ridimensionamento di un movimento che produce PIL come se piovesse.
Così si farà l’impossibile per portare a termine una stagione che se non si vorrà definire falsata sarà insindacabilmente anomala, andrà ad inficiare quella successiva e determinerà conseguenze anche sul mercato dei trasferimenti. Tutto questo perché non è vero ciò che ci raccontano, la priorità non è la salute. La priorità sono gli interessi economici da salvaguardare.
Passioni, abitudini e ragione
Il calcio, così come il basket, mi mancano ma al tempo stesso pur con la voglia di ritrovare le nostre passioni e le nostre abitudini sarei ipocrita se dicessi che è il mio primo pensiero. Vorrei vincere lo scudetto ma quale voglia di festeggiarlo? Oggi non riuscirei a godermi la gioia che ogni trofeo suscita. E con la Champions? Immaginatevi se un’ipotetica vittoria non la si potesse festeggiare, dopo decenni, perché vietati gli assembramenti.
Alla luce dell’attuale situazione in Italia e in Europa in generale, siamo sicuri che pur giocando a porte chiuse le centinaia di partite rimanenti, con conseguenti spostamenti di decine e decine di persone, tra giocatori e staff, il rischio contagio sia eliminato? E se dovesse risultare positivo un giocatore come opererebbe la Lega di competenza? E la UEFA?
Diversi gli interrogativi a cui ci auspichiamo non sia necessario dare risposte anche se la più importante, pur conoscendola, oggi ci è più chiara: il dio denaro va oltre la ragione.